21 giugno 2014
La scoperta della terza copia autografa inedita de "L'Infinito" di Giacomo Leopardi, ad opera del direttore degli Istituti culturali di Cingoli Luca Pernici, aveva scatenato reazioni entusiastiche, tuttavia adesso, proprio a pochi giorni dall'asta per la vendita del prezioso manoscritto, serpeggiano i dubbi. Vanni Leopardi, discendente del poeta, mostra scetticismo, e preferisce parlare di "presunto inedito". Ecco i motivi di questo scetticismo:
«Pur esistendo un preciso elenco delle opere di Giacomo possedute dai Leopardi e un preciso elenco di quelle donate dai fratelli del poeta, con copiatura del documento ceduto qualora non fosse stato ancora pubblicato, non risulta mai entrata una copia de “L’Infinito” tra questa raccolta. Altre incertezze nascono sullo strano iter di questo foglio: la “reliquia”, così chiamavano i fratelli Leopardi le testimonianze di Giacomo, parte per posta senza nessuna protezione esterna, addirittura viene piegata come plico e di conseguenza imbrattata dal timbro prefilatelico; timbro, questo, tutto da studiare, perché sembra non coevo alla data di spedizione. Altro elemento strano è che il testo riappare in una cartella di negozio dell’avvocato Matteucci, legale di Teresa Teia, moglie di Carlo Leopardi, poi se ne perdono le tracce. Ma come è possibile che un autografo così importante sia abbandonato nel faldone dell’avvocato di famiglia e mai recuperato dai Leopardi?».
La Regione Marche, ad ogni modo, con l’assessore Pietro Marcoli, auspica che il manoscritto ritrovato possa rimanere in mani pubbliche, grazie ad una «cordata tra pubblico e privato».